Oggi è l’8 marzo. Un giorno come un altro nel nostro calendario ma un giorno che dovrebbe stimolare in tutte noi una riflessione su ciò che abbiamo, su ciò che dobbiamo mantenere e soprattutto su ciò che ancora dobbiamo ottenere.
Le leggi emanate nel nostro Paese e che più o meno direttamente coinvolgono le donne sono tutte nate da lunghe discussioni, da manifestazioni, da lotte profonde e mai prodotte perché avrebbero rappresentato un vivere libero e civile per tutti.
Non dobbiamo sottovalutare il momento di profonda crisi che attraversa non solo l’Italia, ma tutto il mondo, e che – se non facciamo attenzione - può essere un momento di regressione anche rispetto a tutti quei diritti che le donne hanno ottenuto nel tempo.
Guardando la storia che ci precede, paradossalmente, scopriamo il valore e la forza che le donne hanno nelle situazioni di estremo disagio sociale. Vorrei non essere ripetitiva e cavalcare l’onda dell’ormai sfruttato tema del Risorgimento, durante il quale le donne hanno dimostrato tutta la loro energia partecipando – non desiderate – al sostegno di una causa comune e, successivamente, non ricompensate, anzi escluse, dai benefici ottenuti. I risultati positivi – se di positività si può parlare - non sono stati spartiti nemmeno dopo la fine di entrambe le Guerre Mondiali, durante le quali le donne hanno sostituito in tutto e per tutto gli uomini partiti per il fronte: nella famiglia, nel lavoro dei campi, successivamente nelle fabbriche, sono state staffette partigiane, hanno curato i feriti, sono state la forza motrice delle famiglie, che sono andate avanti nonostante tutto. Dopo, però – nel momento della ricostruzione – le donne sono dovute rimanere in disparte perché non avevano diritti politici, civili e sociali. Non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo potuto esercitare il diritto di voto solo nel 1946 e quello che doveva essere scontato è stato invece il frutto di una specifica legge perché lo scontato era che le donne non fossero – per nascita – cittadine a tutti gli effetti. Ovviamente non sono certo qui ad augurare baratri per poter dare l’opportunità alle donne di dimostrare al mondo la loro bravura, bensì un modo, questo mio, di evidenziare quanto le donne sappiano affrontare le difficoltà con tenacia e determinazione e, soprattutto, senza patetici piagnistei che convenientemente, e ancora troppo spesso, vengono loro attribuiti
Da donna, e da donna molte volte sconfitta di fronte al muro dell’indifferenza, auspico in questo giorno una presa di coscienza comune del valore che abbiamo e che il fattore biologico che ci contraddistingue non è un difetto ma la forza che ci rende semplicemente, meravigliosamente diverse.